Le radiazioni ionizzanti
Le radiazioni ionizzanti sono onde elettromagnetiche e particelle capaci di causare, direttamente o indirettamente, la ionizzazione degli atomi e delle molecole dei materiali che attraversano. In pratica, nell'attraversare la materia, queste radiazioni riescono a sottrarre, in virtù della loro energia, elettroni dagli atomi (o dalle molecole) creando così una coppia di particelle cariche.
Una distinzione fondamentale tra i diversi tipi di radiazioni ionizzanti è quella tra le radiazioni di natura corpuscolare, costituite da particelle subatomiche o nucleari dotate di una certa massa e, spesso, di carica elettrica (protoni, particelle α, deutoni, ecc.), e le radiazioni di natura ondulatoria (fotoni), dotati di massa nulla e privi di carica elettrica.
Si devono inoltre distinguere le radiazioni direttamente ionizzanti dalle radiazioni indirettamente ionizzanti. Sono direttamente ionizzanti le particelle cariche pesanti (elettroni, particelle β, particelle α, ecc.); sono invece indirettamente ionizzanti i fotoni (raggi X e raggi g) e le particelle neutre (neutroni).
Le radiazioni direttamente ionizzanti ionizzano direttamente la materia a causa dell’interazione coulombiana tra la particella in moto e gli elettroni del mezzo. Nell’attraversare la materia, le radiazioni direttamente ionizzanti cedono la loro energia per lo più mediante urti elastici con gli elettroni atomici. A loro volta, gli elettroni liberati dall’urto acquistano energia che perdono successivamente urtando altri elettroni atomici. Questo meccanismo produce una ionizzazione a distanza dal fascio primario. La perdita di energia delle particelle cariche pesanti è linearmente proporzionale alla densità della materia attraversata e il meccanismo stesso con cui avviene, caratterizzato da numerosissimi urti di cui ciascuno porta via una parte molto piccola della energia a disposizione, fa sì che la lunghezza del percorso nella materia sia quasi la stessa per ogni particella di data energia.
Le radiazioni indirettamente ionizzanti, invece, agiscono liberando, nei fenomeni di interazione elementare con gli atomi o i nuclei del mezzo, particelle cariche capaci di dar luogo successivamente a fenomeni di ionizzazione. I fotoni di energia compresa tra 10 keV e 10 MeV (raggi X e raggi g) subiscono tre tipi principali di interazione con la materia: effetto fotoelettrico, effetto Compton, creazione di coppie.
Effetto fotoelettrico: il fotone viene completamente assorbito da un elettrone atomico, il quale acquista energia sufficiente per sfuggire al legame atomico.
Effetto Compton: il fotone urta un elettrone delle orbite esterne dell’atomo. Ne consegue una diffusione del fotone incidente (ad energia minore di quella originaria) e l’espulsione dell’elettrone colpito.
Creazione di coppie: mentre i due precedenti processi possono essere compresi in termini quasi balistici, quest’ultimo tipo di fenomeno è complesso poiché implica la trasformazione del fotone in una coppia elettrone-positrone. La creazione della coppia da parte del fotone avviene in presenza del campo elettrico del nucleo.
In tutti e tre i casi, come risultato del processo di interazione si ha almeno una particella carica.
La penetrazione delle radiazioni indirettamente ionizzanti nella materia è assai maggiore di quella delle particelle cariche. In ragione del loro elevato potere di penetrazione, per attenuare efficacemente le radiazioni X e g si devono usare materiali pesanti con elevato numero atomico Z, cioè ad alta densità elettronica, quali: piombo, tungsteno, calcestruzzo baritico, ecc.
Le particelle neutre (neutroni) perdono la loro energia mediante collisioni con i nuclei atomici. I nuclei possono essere debolmente accelerati oppure frantumati. I frammenti (essendo costituiti da protoni e neutroni) perdono energia in modo analogo alle particelle descritte precedentemente. Per attenuare i fasci di neutroni i migliori materiali sono quelli con elevato contenuto di protoni e nuclei leggeri, quali: acqua, paraffina, calcestruzzo, ecc.
Sorgenti delle radiazioni ionizzanti
Esiste una radiazione naturale, di fondo, alla quale la popolazione è continuamente espo-sta. In media, più di tre quarti dell’esposizione a radiazioni ionizzanti è dovuta a sorgenti di origine naturale, principalmente raggi cosmici, derivanti dal sole, e radon (gas radioattivo prodotto dal decadimento degli atomi di uranio e di torio presenti nelle rocce, e pertanto presente anche nel materiale edile).
La restante quota di radiazioni è invece determinata da sorgenti umane, in ambito medico, industriale e commerciale. L’ambito medico, inteso come procedure radiologiche e di medicina nucleare, è responsabile di circa il 96% dell’intera esposizione della popolazione generale alle radiazioni ionizzanti da sorgenti umane.
Grandezze ed unità di misura
Per quantificare l’effetto della cessione di energia all’interno del corpo umano e per valutarne gli effetti, sono state definite specifiche grandezze:
dose assorbita (D)
dose equivalente (H)
dose efficace (E)
Dose assorbita (D): è definita come il rapporto tra l'energia media ceduta dalle radiazioni ionizzanti alla materia in un certo elemento di volume e la massa di materia contenuta in tale elemento di volume. Può determinare effetti biologici nei tessuti interessati, la cui entità è variabile a seconda dell’energia rilasciata, dell’organo interessato, dell’età della persona, ecc. L’unità di misura nel SI per la grandezza dose assorbita è il Gray (Gy). Per definizione 1 Gy corrisponde all’assorbimento di 1 J di energia radiante per kg di materia (1 J/kg).
Non è sufficiente utilizzare la dose assorbita come unico termine per misurare l'esposizione in radioprotezione e per stimare il rischio associato, perché gli effetti della radiazione dipendono non solo dalla dose assorbita ma anche dal tipo di radiazione, dalla distribuzione spaziale e temporale dell’energia assorbita all’interno del corpo umano e dalla radio-sensibilità dei tessuti o degli organi esposti: dosi eguali impartite da tipi differenti di radia-zioni producono danni biologici differenti.
La conoscenza della dose assorbita, quindi, è insufficiente per predire sia la severità sia la probabilità degli effetti biologici.
Poiché diversi tipi di radiazione producono effetti diversi sui tessuti, è stato introdotto il concetto di dose equivalente (H).
Dose equivalente (H): è il prodotto della dose assorbita per il fattore di peso della radiazione. La dose equivalente valuta la diversa pericolosità delle radiazioni incidenti un dato tessuto tenendo in conto i cosiddetti fattori di ponderazione delle radiazioni, wR. Alla radiazione di riferimento (fotoni), viene assegnato per definizione un wR uguale a 1. Il prodotto della dose assorbita media in un organo o tessuto, DT, per il fattore wR, prende il nome di “dose equivalente” nel tessuto o organo T, HT (HT = wR * DT). Unità di misura: Sievert (Sv). 1 Sv = 1Gy = 1 J/1kg.
Per tener conto della diversa radiosensibilità dei diversi organi e tessuti del corpo umano è stata introdotta la grandezza dose efficace, E.
Dose efficace (E): grandezza radioprotezionistica che tiene in conto della diversa radio-sensibilità dei diversi tessuti. Si calcola sommando il valore medio della dose equivalente di ogni organo e tessuto ciascuna moltiplicata per un fattore di ponderazione, wT, che tiene appunto conto della diversa radiosensibilità degli organi e tessuti irraggiati. Unità di misura: Sievert (Sv).
Effetti biologici delle radiazioni ionizzanti
I danni fisici prodotti sull'essere umano dalle radiazioni ionizzanti possono essere distinti in tre principali categorie:
danni somatici deterministici;
danni somatici stocastici;
danni genetici stocastici.
Si dicono somatici i danni che si manifestano nell'individuo irradiato, genetici quelli che si manifestano nella sua progenie.
I danni somatici deterministici sono suddivisi in precoci, da ore a settimane, e tardivi. Hanno le seguenti caratteristiche:
dose-soglia, al di sotto della quale non si manifestano (più precisamente, alla dose soglia l’1% della popolazione esposta manifesterà le reazioni tissutali). Dosi frazionate ed esposizioni croniche a basso rateo di dose sono meno nocive di quanto lo siano le dosi acute (dose-soglia più alta)
la gravità del danno aumenta con l’aumentare della dose
il periodo di latenza è solitamente breve, giorni o settimane. Raramente è più lungo (es. anni per la cataratta)
relazione diretta causa-effetto
sono conseguenti ad esposizione a dosi elevate. Indicativamente la soglia di sensibilità dell'organismo "in toto" è, per un irraggiamento acuto, dell'ordine di 0,25 Gy, valore intorno al quale cominciano a manifestarsi le prime lievi e transitorie altera-zioni ematologiche.
I danni somatici stocastici sono quelli per cui solo la probabilità che si verifichino, e non la gravità dei danni, è correlata alla dose di irraggiamento. I danni somatici stocastici sono in buona sostanza le leucemie ed i tumori solidi. Sono del tutto indistinguibili rispetto ai tumori indotti da altri cancerogeni, ma è stata dimostrata una correlazione statistica con l’esposizione alle radiazioni ionizzanti ed esiste una evidenza sperimentale radiobiologica. Si possono manifestare fino a diversi decenni dopo l’esposizione. Da tenere in nota, solamente la probabilità che la patologia si verifichi è correlata alla dose di esposizione, non la gravità della patologia (legge del “tutto o nulla”).
I danni genetici stocastici sono quelli che si manifestano nella progenie di genitori esposti a radiazioni ionizzanti, a seguito del danno causato alle cellule della linea germinale. Si possono estrinsecare sia come malformazioni del feto che come patologie ereditarie, che, se dominanti, si manifestano già alla prima generazione, se recessive, possono comparire dopo diverse generazioni oppure mai.
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